giovedì 28 gennaio 2016

Camminando - Giovani

Devo confessarlo: la parola "giovani" mi innamora. Credere di far parte di questo equipaggio mi dona speranza, credo che potremo fare molta strada, andare lontano e cambiare questo mondo. E non lo scrivo al condizionale, ma all'indicativo futuro. Perchè quello è il nostro tempo: il tempo che ci guadagneremo sporcandoci le mani e colorando a tinte sgargianti questo mondo. D'accordo, potrete pensare che io ce l'abbia fissa con i colori, prima quelli della "pace", poi quelli del "futuro". Ma è che io ci credo veramente! Allora oggi voglio condividere questa lettera, in cui mi sono imbattuta un pò per caso.

Ai giovani
Ragazzi, io credo in voi.
Non è molto, me ne rendo conto. Ma partiamo da qui.
Verso di voi c’è infatti un pregiudizio diffuso. Sembrate candidati a spingere il mondo su quell’asse di declino nel quale si è da qualche tempo indirizzato. Come potreste invertire la rotta con la vostra fragilità, con il rapporto quasi ossessivo che avete col mondo virtuale? Ma io ci credo lo stesso. Ci credo perché i difetti che avete non sono vostri. Ve li abbiamo inoculati noi. Siete stati destinatari di un consumismo compulsivo, disorientati dalla confusione interiore dei vostri adulti di riferimento. Facile, in queste condizioni, profetizzare fallimenti. Ci credo in voi e non per partito preso, ma perché voi avete un valore inespugnabile: siete nuovi.
Portate dentro un frammento di nuovo che può contenere tutto, incluso un mondo migliore.
Perciò, se può esservi utile guardarvi indietro, ricordatevi però che la vostra forza è originata da ciò che vi aspetta all’orizzonte. Siete chiamati dal futuro. Siete il segno del futuro.
L’altro giorno ci ha lasciato un anziano saggio del mio paese, Renzo. Mi è venuto in mente l’atteggiamento che lui, padre di quattro figli, miei amici, aveva verso noi, all’epoca ragazzi: ci guardava con uno sguardo amoroso, con una fiducia incrollabile.
La sua era una generazione cresciuta durante la guerra, lui conosceva bene il peso della fatica e il valore del pane. Eppure era certo delle nostre potenzialità, ne era certo anche quando i nostri slanci giravano a vuoto, quando bastava una piccola delusione d’amore a metterci al tappeto.
Quella benevolenza dava luce ai nostri pallidi tentativi e ci rendeva liberi.
Beninteso, non era un credito concesso alla cieca: alle spalle c’era una testimonianza di vita forte, sicura. Il messaggio di vita coerente e la fiducia che ne derivava stavano insieme, come una cosa sola.
Negli ultimi tempi, insieme a don Luigi, mi è capitato spesso di parlare con voi negli incontri che
scuole e gruppi ci propongono per confrontarci, attraverso l’esperienza di Romena, su ciò che vi preme di più: speranze, amicizie, sogni, valori, sentimenti.
Credetemi: per un adulto non c’è niente di più stimolante che cercare di gettare un seme in un campo che ha la possibilità di farlo germogliare.
Ma quello che mi piace è anche riassaporare, grazie a voi, quella fase della vita in cui siamo nulla e possiamo essere tutto. Una fase nella quale, come dice lo scrittore Marco Lodoli, si può imparare a vivere nel modo che sarà sempre quello più giusto, e cioè con l’atteggiamento del principiante: un principiante, infatti, guarda la vita con attenzione e meraviglia, e compensa l’inesperienza con l’entusiasmo.
So che sul vostro cielo si addensano premature preoccupazioni. Le prospettive generali non sono allettanti, non c’è lavoro, qualcuno vi invita a disinnescare i vostri sogni.
A me non piace questo realismo, mi preoccupa chi getta acqua gelida sulla naturalità del vostro fuoco.
Scrive Stefano Benni: “Se i tempi non chiedono la tua parte migliore, inventa altri tempi”.
Ecco, questo potete fare, questo mi auguro che facciate: non accettare compromessi con un tempo che non vi piace e pensare invece ad inventarne uno che sia in linea con le vostre speranze.
Sognate tempi migliori, ragazzi, sognateli così forte da farli arrivare.
E introducete nella vita di tutti l’ingrediente che cambia il mondo, quello di cui siete i primi depositari: la parola ‘cominciare’.

Massimo Orlandi
Buon cammino!


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